Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato che il focolaio internazionale da nuovo coronavirus, identificato il 9 gennaio e denominato Covid-19 e, successivamente SARS-CoV-2, è un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern – PHEIC) .
Da allora la diffusione della malattia si è estesa a tutto il mondo ed ora da quella che inizialmente sembrava una epidemia, confinata in una o poche aree del globo, si è arrivati ad una vera e propria pandemia.
Ricordiamo le definizioni di epidemia e di pandemia.
Per epidemia si fa riferimento alla “Presenza di più casi rispetto all’atteso di una particolare malattia in una determinate area, o in uno specifico gruppo di persone in un determinato periodo di tempo” e può essere dovuta all’emergenza di un nuovo agente patogeno o a mutazioni genetiche di un agente già esistente, che lo rendono più virulento oppure anche alla recente introduzione di un agente in un ambiente dove non era presente prima, talvolta insieme anche a una diversa suscettibilità della risposta dell’ospite o a nuove modalità di contagio.
Si parla di pandemia quando “l’epidemia si diffonde a più continenti o in tutto il mondo”.
Prima dell’influenza da H1N1 del 2009 la definizione teneva conto anche della gravità della malattia che doveva causare “numeri molto alti di morti e malati”. Attualmente la differenza tra pandemia ed epidemia segue solo un criterio di diffusione geografica, anche se psicologicamente una pandemia è percepita dall’opinione pubblica come più grave di un’epidemia.
L’inizio dell’epidemia è datato 31 dicembre 2019 e successivamente sono stati segnalati casi in altri paesi, fino a giungere alla situazione attuale che vede pressoché tutti i paesi del mondo coinvolti, in misura maggiore o minore, anche grazie alla capacità di diagnosticare la malattia o alla volontà di rendere noti alla popolazione i dati reali.
Il virus SARS COV-2, fa parte di una famiglia di virus a RNA, i coronavirus (CoV), in grado di causare diverse malattie nell’uomo, soprattutto a livello del tratto respiratorio superiore e del tratto gastrointestinale.
La gravità di queste condizioni è molto variabile:
• sindromi da raffreddamento
• SARS (sindrome respiratoria acuta grave Severe Acute Respiratory Syndrome)
• MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East Respiratory Syndrome) • I coronavirus sono comuni in molte specie animali (come i cammelli e i pipistrelli) ma in alcuni casi, seppur raramente, possono modificarsi e infettare l’uomo per poi diffondersi nella popolazione
Dei 7 coronavirus umani conosciuti fino a oggi e comuni in tutto il mondo, i primi sono stati identificati a partire dagli anni Sessanta, i più recenti nel nuovo millennio Coronavirus umani comuni sono:
o 229E (coronavirus alpha)
o NL63 (coronavirus alpha)
o OC43 (coronavirus beta)
o HKU1 (coronavirus beta)
Altri coronavirus umani:
o SARS-CoV che causa la Severe acute respiratory syndrome (SARS) descritta per la prima volta in Cina nel 2002 che ha provocato nel biennio 2002-2003, 8.098 casi accertati in 26 Paesi, con 774 decessi (letalità stimata 10%). Dal 2004 in poi non sono stati individuati altri casi.
o MERS-CoV, che causa la Middle East respiratory syndrome , è originata nel 2012 in Arabia Saudita per poi diffondersi ad altri Paesi del Medio Oriente, dove ha registrato il massimo numero di casi, e nel mondo (27 Paesi all’apice dell’epidemia), Europa compresa. La MERS non è mai scomparsa e l’infezione continua a trasmettersi all’uomo. Anche a gennaio 2020 sono stati segnalati casi sporadici negli Emirati Arabi Uniti. 2.499 casi accertati, con 861 decessi (letalità stimata 34%).
o SARS-CoV-2 nuovo coronavirus (denominato in precedenza 2019-nCoV o COVID-19) sequenziato a metà gennaio 2020 dai ricercatori cinesi e successivamente in altri laboratori nel mondo, compreso quello italiano dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani , Si tratta di un virus nuovo, della famiglia dei Coronaviridae, imparentato con l’agente responsabile della SARS. Attualmente non è possibile stabilire con certezza il numero degli infetti e il numero dei malati, in quanto gli interventi diagnostici (leggasi tamponi o screening sierologici), sono differenti da paese a paese, e perfino, in Italia, da Regione a Regione, rendendo impossibile perciò una stima reale della mortalità rispetto al numero degli infetti e persino dei malati. In Italia, l’esecuzione del tampone al domicilio, sulla base dei sintomi “lievi”, non è routinaria.
Da quanto si sa, il periodo di incubazione è stimato fra i 2 e i 14 giorni, con una media di 5 giorni e i sintomi più comuni di un’infezione delle alte vie respiratorie da parte dei coronavirus nell’uomo includono febbre, tosse, cefalea, faringodinia (mal di gola), difficoltà respiratorie, malessere generale per un breve periodo di tempo.
Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite o broncopolmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale, fino alla morte.
L’interessamento delle basse vie respiratorie e le complicanze sono più frequenti nelle persone con preesistenti patologie croniche dell’apparato cardio-vascolare e/o respiratorio e nelle persone con compromissione del sistema immunitario, nei neonati e negli anziani ma, con l’espandersi della pandemia, si è osservato che la malattia colpisce qualsiasi classe di età.
Allo stato attuale, la conoscenza del virus è ancora superficiale, come pure le informazioni sulle vie di trasmissione (aerea, oro fecale), sul rischio di contagio da persone portatrici ma asintomatiche e sulla sopravvivenza del virus nell’aria o sulle comune superfici.
Per questo si consiglia di consultare i siti dell’Istituto Superiore della sanità e CDC Atlanta.

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